Cozzolino, l’uomo di fiducia dei servizi marocchini

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Cozzolino, l’uomo di fiducia dei servizi marocchini. “È lui l’erede di Panzeri”
dal nostro inviato Luca De Vito
L’eurodeputato napoletano avrebbe incontrato personalmente il capo delle spie di Rabat dopo l’addio all’aula dell’ex sindacalista

BRUXELLES – Andrea Cozzolino in queste settimane si è sempre dichiarato innocente, “fortemente turbato”, nonché “profondamente indignato”, sebbene a disposizione del magistrato belga Michael Claise, titolare dell’inchiesta sul Qatargate. Eppure, stando ai documenti depositati agli atti dell’indagine, il suo peso nella vicenda non può essere ignorato.

Secondo gli investigatori, l’eurodeputato napoletano avrebbe avuto un ruolo stabile nell’organizzazione, di cui era uno dei pilastri insieme a Panzeri e Giorgi. Gli agenti della Vsse, il servizio segreto belga che per primo ha indagato sulla vicenda, parlano di una “squadra d’ingerenza” a libro paga del Marocco, di cui Cozzolino faceva parte. Un’organizzazione che lavorava in modo “clandestino”, che aveva messo in piedi “una cooperazione stabile” avvalendosi di una “rete d’influenza”, e che operava con “una discrezione che superava la prudenza” utilizzando “un linguaggio in codice”. Per la Vsse Cozzolino aveva incontrato almeno una volta il potente capo del servizio segreto marocchino (Dged) Yassine Mansouri, nel 2019: secondo l’ipotesi accusatoria, è quello il momento in cui sarebbe avvenuto il passaggio di testimone tra Panzeri, europarlamentare uscente, e Cozzolino, subentrato nelle poltrone sensibili per gli interessi di Rabat.
Sono due in particolare i ruoli chiave, ovvero quelli a capo dei luoghi in cui si discutono e si decidono i dossier che interessano ai marocchini e di cui Cozzolino ha ereditato la guida: la presidenza della delegazione per le relazioni con i paesi del Maghreb e la copresidenza della commissione parlamentare mista marocco-Ue. Entrambe assunte all’uscita dell’ex sindacalista bergamasco. Secondo gli investigatori i due avevano “raggiunto un accordo nel 2019 con il Dged tramite Atmoun (ambasciatore marocchino a Varsavaia, ndr) per praticare ingerenze a favore del Marocco all’interno del Parlamento europeo in cambio di denaro – si legge negli atti – . Hanno chiesto di essere pagati almeno diverse centinaia di migliaia di euro all’anno”. A suggello di questo legame, anche il ruolo di Giorgi, che dopo essere stato l’assistente di Panzeri quando era parlamentare, lo era diventato pure di Cozzolino.

Gli inquirenti belgi hanno stilato anche un elenco dei risultati ottenuto dal gruppo in favore del Marocco, ovvero quello che sarebbe l’oggetto della corruzione: “Diversi testi di risoluzioni votate; diverse dichiarazioni della Dmag (delegazione per le relazioni con i paesi del Maghreb); la nomina dei candidati per il premio Sakharov; la modifica della relazione annuale del Parlamento Europeo sulla politica estera e di sicurezza comune”. E poi l’ultima e forse più delicata attività d’ingerenza: “L’adesione di Cozzolino alla commissione parlamentare speciale sul programma Pegasus” avvenuta nel gennaio 2022 e che fu “pianificata, considerata il coinvolgimento pubblico del Marocco in questo dossier”.Si tratta della commissione incaricata di indagare sull’uso del software Pegasus, in grado di spiare conversazioni riservate e che sarebbe stato utiizzato proprio dal Marocco per controllare i suoi oppositori.

Ma era stato lo stesso Panzeri dopo l’arresto ad ammettere come l’accordo con i servizi di Rabat fosse in essere da almeno tre anni: “Avremmo lavorato per evitare risoluzioni contro il paese e in cambio avremmo ricevuto 50mila euro, questo accordo è stato fatto in Marocco e in un certo senso è continuato – ha detto Panzeri davanti agli investigatori – tramite l’attuale ambasciatore che è a Varsavia, Abderrahim Atmoun”. Panzeri ha poi rincarato la dose aggiungendo che “l’attuale presidente della delegazione del Magreb (Cozzolino ndr) ha anche la possibilità di chiedere risoluzioni emergenziali, cosa che non passa da noi e va in autonomia”.

Nessun commento è arrivato dall’entourage dell’eurodeputato napoletano, che lo scorso 16 dicembre era stato sospeso dall’albo degli iscritti e degli elettori del Pd oltre che da tutte le cariche nel partito dopo che il suo nome era comparso nell’inchiesta della procura belga. Se dovesse cadere l’immunità, per lui la situazione potrebbe farsi complicata.

La Repubblica, 03/01/2023


Euroscandalo, è Cozzolino il terzo uomo: “Agiva per soldi”
di Giuliano Foschini, Claudio Tito

La procura belga: il deputato Ue parte della rete pro Qatar e Marocco. Verso la richiesta di revoca dell’immunità. Il tesoro italiano di Panzeri

La Repubblica, 17/12/2022

BRUXELLES – Un gruppo composto da tre persone: Antonio Panzeri, Francesco Giorgi e l’eurodeputato del Partito democratico Andrea Cozzolino. Un gruppo con una “motivazione prioritaria: il lavoro con il Marocco e il Qatar in cambio di denaro. Il gruppo riceveva pagamenti per le sue attività. E nel 2019 aveva concluso un accordo per effettuare ingerenze a favore del Marocco in cambio di denaro”. Parte da qui – da quello che i magistrati belgi scrivono nel decreto che ha portato all’arresto la scorsa settimana di Panzeri e Giorgi – la seconda fase dell’inchiesta del Qatargate. Del gruppo, secondo le informazioni che i servizi belgi hanno girato alla Procura, farebbe parte un terzo uomo: Cozzolino, appunto. Che però al momento non è stato indagato perché non ci sono prove di dazioni di denaro. E, soprattutto, perché gode dell’immunità da parlamentare.

È proprio su questo che stanno lavorando i magistrati in questi giorni: dai computer, dai telefoni, dalle chat sequestrate (recuperando anche, grazie ai sofisticati mezzi a disposizione della polizia belga, quelle cancellate) stanno cercando di tirare fuori eventuali accuse a carico di Cozzolino per poi chiedere al Parlamento di procedere nei suoi confronti. Determinante è quello che racconterà il suo assistente, Francesco Giorgi.

Nel primo interrogatorio davanti al giudice Michel Claise ha parlato per più di dodici ore, facendo saltare tutto il programma di giornata di testimonianze. In quell’occasione, Giorgi a domanda specifica su Cozzolino, cioè se Panzeri avesse mai pagato l’europarlamentare italiano, ha detto di “supporre” che uno scambio ci possa essere stato. Ipotesi che, però, ieri il parlamentare del Pd ha respinto con sdegno: “Sono del tutto estraneo alle indagini. Non sono indagato, non sono stato interrogato, non ho subito perquisizioni né, tantomeno, sono stati apposti sigilli al mio ufficio. Non ho mai perseguito interessi, vantaggi o utilità personali nella mia vita politica”.

Cozzolino sostiene di non aver mai potuto influire né per il Qatar né per il Marocco. E che tutte le sue mosse – come per esempio la mail, pare scritta da Giorgi, nella quale chiedeva al gruppo socialista di ammorbidire la posizione nella votazione sulla mozione contro il Qatar – sono state dettate tutte da volontà politiche. “Non ho mai avuto alcun vantaggio personale e mi batterò per fare piena luce su sospetti infondati”. Cozzolino si dice pronto a essere interrogato ma in questo momento i magistrati belgi nulla possono fare nei suoi confronti senza chiedere l’autorizzazione al Parlamento. Cosa che, appunto, potrebbe accadere a breve, non appena cioè la Polizia concluderà gli accertamenti sui computer sequestrati.

Ma, a questo punto, gli accertamenti non saranno soltanto dei magistrati belgi. La Guardia di Finanza ha ricevuto delega dalla procura di Milano di mettere il naso nei conti di Panzeri e Giorgi: analisi dei movimenti bancari, carte di credito, acquisti immobiliari dell’ultimo periodo sulla base del sospetto, fondato su “elementi idonei”, che ci siano altre somme in Italia. “Ci troviamo di fronte – ha scritto la procura nel decreto di perquisizione nelle case italiane di Panzeri e Giorgi – a un gruppo indeterminato e molto ampio di corruzione, operante all’interno di strutture europee con o senza legami con l’Unione europea”. Un gruppo che avrebbe venduto la “propria attività” in cambio di “ingenti somme di denaro”.

Nei giorni scorsi a casa Panzeri, a Calusco d’Adda, sono stati sequestrati tre sacchi nascosti in un armadio con dentro 17mila euro in banconote. A Giorgi invece sono stati trovati circa 20 mila euro in una cassetta di sicurezza. Tra le indagini previste, su richiesta di Bruxelles, anche la convocazione delle persone che hanno lavorato con Fight Impunity, la Ong fondata dall’ex parlamentare europeo nel 2019.

Questo, perché Fight Impunity è considerata uno dei cuori dell’inchiesta. La polizia belga ha accertato che parte dei fondi arrivati sui conti correnti della Ong giungessero direttamente dal Qatar. È quello che ha raccontato Francesco Giorgi – “le Ong servono a far girare il denaro” -, è quello che è stato contestato a Luca Visentini, il segretario del sindacato mondiale, fermato e poi rilasciato la scorsa settimana. Visentini ha ricevuto da Fight Impunity un finanziamento per la campagna elettorale che lo ha eletto segretario. La Procura sospetta che sia stato uno scambio per ottenere dichiarazioni pro-Qatar, alla vigilia dei campionati del mondo. Visentini si è difeso mostrando che i bonifici erano stati registrati. I soldi spesi, effettivamente, per la campagna elettorale. E che le posizioni del sindacato nei confronti del Qatar erano state sempre molto dure. Il giudice gli ha creduto e, per questo, lo ha rilasciato.

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